Quel letto d'ottone in cui mi accoglievi giovinetto, il radiogrammofono che prendeva tutto, quando ti portavo in quel caffè "prego, fragole con panna" dicevo e superbo ti guardavo mentre l'altro mi ricambiava con disprezzo sogghignando verso te. E la tua foto che portai tanti anni addosso prima che un cassetto l'accogliesse e la sbiadisse, seppi della tua morte e rividi i tuoi boccoli e sul tuo viso la sorte. La mia memoria trae fuori i ricordi da un cappello senza che io sappia perché questo e non quello. Ho avuto delle gioie. Talvolta si dormiva tutti e tre io tua madre e te nello stesso letto ma che innocenza, che santa trinità era un gesto d'affetto e di rispetto. O memoria perché mi inganni, perché come se fossi vento mi butti questa polvere negli occhi, accarezzavo le tue ginocchia e il tuo semplice cuore era contento. Ho avuto delle gioie, si. Ti ricordo così, povera Giulia, gaia e ridente. Impaziente mi aspettava la vita, mentre il vento frizzante del mattino, si portava via ogni cosa. Avevo diciassette anni.
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