F.Guccini Si chiamava Antenòr e niente si chiamava Antenòr e basta perché per certa gente non importa grado o casta importa come vivi ma forse neanche quello importa se sai usare bene il laccio od il coltello. Antenòr uscì di casa uscì di casa quella sera garrivano i suoi pensieri come fossero bandiera ma gli occhi erano fessura e il viso tirato a brutto come all'età in cui credi d'aver fatto quasi tutto. Un cavallo nitrì, ma quando? una donna rise, ma dove? la luna uno scudo bianco, un carro le stanghe in alto chitarra ozio parole, chitarra ozio parole. La pompa un ricordo stanco, un mare quell'erba nera può darsi fosse romantico. ma lui non lo sapeva. Quella donna rideva ad ore, quella luna solo uno sputo e per quel cavallo non avrebbe speso anche un minuto è difficile far rumore sulle cose che c'hai ogni giorno le tue braghe, il tuo sudore, e l'odore che porti attorno. Lo cantina era quasi vuota scarsa d'uomini e d'allegria se straniero l'avresti detta quasi piena di nostalgia nostalgia ma di che cosa, d'un oceano mai guardato d'una Europa mai sentita, d'un linguaggio mai parlato? Antenòr chiese da bere. e scambiò qualche saluto calmo e serio danzò tutto il rituale ormai saputo uomo e uguale coi suoi pari quasi pari con gli anziani come breve quella sera, come lunghi i suoi domani. Proprio allora qualcuno entrando nella luce do dentro al buio lo insultò quasi sussurrando, ma sembrava che stesse urlando come per uno schiaffo, come per uno sputo Antenòr lo guardò sorpreso, lo studiò e non lo conosceva e il motivo restò sospeso, fra io gente ferma in attesa e lui non lo sapeva, e fui non io sapeva. Poi sentì di uno donna il nome, già scordato o non conosciuto quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto; guardò gli uomini per cercare occhi, dialogo, spiegazione non trovò condanne non trovò un'assoluzione Antenàr uscì di fuori bilanciando il suo coltello per danzare malvolentieri passi e ritmi do duello una donna non ricordata ed un uomo mai visto prima io legavano tra loro come versi con la rima. Fintò basso e scartò dilato quanti sguardi sentì sul viso si sentì migliore e stanco si sentì come un sorriso che serata tutta ai contrario proprio niente da ricordare puntò il ferro contro il viso vide il sangue zampillare. Tutto quanto ero stato un lampo Antenòr respirava forte fece il gesto di offrir la mano guardò l'altro e capi pian piano che tuffo ero stato invano che l'altro cercava morte capì che doveva farlo, farlo in fretta perché non c'era motivo per ammazzarlo l'altro cadde e non rispondeva e lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva, Antenòr lo guardò cadere sentì dire la colpa è mia senti dire è stato un uomo senti dire fuggi via lo giustizia disse bandito ma un poeta gli avrebbe detto che ero come l'Ebreo errante. come il Bàtavo maledetto. Quante volte ci è capitato di trovarci di fronte o un muro quante volte abbiam picchiato quante volte subito duro quante cose nate per sbaglio quanti sbagli nati per caso quante volte l'orizzonte non va oltre il nostro naso. Quante volte ci sembra piana mentre sotto gioca d'azzardo questa vita che ci birillo come bocce do biliardo questa cosa che non sappiamo questo conto senza gli osti questo gioco do giocare fino in fondo a tutti i costi.
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